In base ai dati statistici del Coni e dell’Istat risulta che la percentuale di italiani che dichiara di praticare piuttosto regolarmente una attività sportiva è passata dal 13,5 % del 1987 al 21,6 % del 2009. Questo aumento significativo della fetta di nostri connazionali tutt’altro che sedentari rivela non solo un accrescimento di tipo quantitativo, ma anche una importante trasformazione di carattere qualitativo. Come ogni fenomeno sociale degno di rilievo, un notevole accrescimento di tipo numerico nasconde quasi sempre un cambiamento nella sostanza e nella qualità del fenomeno considerato; la pratica sportiva non fa eccezione sotto questo aspetto e anche la mentalità dei body builder e degli “avventori” delle palestre manifesta interessanti trasformazioni negli ultimi tre decenni, almeno se si getta uno sguardo sul nostro paese.
Intanto, il numero molto più limitato di body builder negli anni ottanta si associava all’idea di una ristretta minoranza di persone che faceva dell’accrescimento muscolare “a tutti i costi” il centro nevralgico della propria attività agonistica quotidiana. Se si considera il fatto che dal 1985 al 2009 il numero degli iscritti e dei frequentatori di sale pesi è cresciuto di ben sei volte (dati CONI), non si può trascurare il fatto che il notevole allargamento della platea dei body builder ha comportato un significativo processo di diversificazione delle loro motivazioni e degli obiettivi che si prefiggono.
Se per gli anni ottanta possiamo ancora parlare di una minoranza “elitaria” per quanto riguarda la pratica del body-building in Italia, possiamo anche dire che tale minoranza era anche piuttosto compatta al suo interno per ciò che concerne gli obiettivi che perseguiva: muscoli grandi e evidenti a ogni costo, esaltazione della forza e dell’estetica dell’uomo in perfetta coerenza con il clima “rampante e da yuppie modello americano-reaganiano”, modello importato nell’Italia benestante e energica di quegli anni. Se questi obiettivi permangono a distanza di un trentennio in molti degli sportivi delle palestre, molto più variegato appare lo scenario oggi per ciò che concerne la mentalità stessa che sta alla base della scelta di molti di iscriversi e frequentare una sala pesi. Sebbene il mito del fisico muscolare sia il traguardo di molti, spesso anche donne, vi è stato un notevole cambio di mentalità nella pratica di questo sport. Non ci si limita più al solo ideale estetico e “vigorettico”, ma si aspira al raggiungimento di una armonia e di un perfetto equilibrio tra bellezza esteriore e benessere interiore: a ciò tendono anche le dizioni stesse di termini come fitness e wellness, che vanno ben al di là della semplice dimensione meccanica della pesistica di una volta. Ecco che allora gli spazi stessi dei centri sportivi sono profondamente cambiati, non solo perché si sono dovuti ingrandire per l’afflusso di sempre più gente, ma anche perché in ciascun centro le attività “collaterali” alle sale pesi si sono notevolmente differenziate e articolate: dallo spinning all’hydrobike, dalle varie ginnastiche posturali alle diverse attività aerobiche, dal training autogeno ai corsi di pump, hanno trovato spazi in grandi centri poli-sportivi che non hanno più niente a che vedere con le piccole palestre, spesso in seminterrati dei quartieri urbani.
In questo quadro di cambiamenti nella concezione del “culturismo” una trasformazione notevole coinvolge anche la figura dell’istruttore. Se negli anni ottanta questo era quasi sempre un ex campione di pesistica o di attrezzistica che si dedicava all’insegnamento specialistico delle tecniche per far accrescere i muscoli, oggi questa figura comprende sicuramente numerose altre competenza accanto a questa. L’istruttore di oggi è una figura che deve saper capire in modo più completo la persona che gli sta di fronte, e deve saper accompagnare gli sportivi non solo nell’acquisizione delle principali modalità di svolgimento dei programmi e degli esercizi, ma deve saperli creare e adattare alle particolari esigenze e obiettivi di chi gli è davanti. Deve saper essere così attento e versatile nel cogliere anche le motivazioni e il profilo psicologico e fisiologico di chi arriva in sala pesi, da poter creare dei percorsi di attività specifici e personalizzati, non limitandosi all’esecuzione di ogni singolo esercizio, ma cogliendo le esigenze di benessere della persona che si vuole allenare.
Un esempio della specializzazione richiesta all’istruttore di oggi rispetto alla generalità del passato è la grande diffusione e utilizzazione del personal trainer che entra nella vita quotidiana del cliente-sportivo assumendo un ruolo di forte influenza in molti settori della sua vita al di fuori della palestra, mettendo in discussione radicati e spesso errati stili di vita, dall’alimentazione al rapporto con se stessi e con gli altri, sotto diversi punti di vista. Non è esagerato dire, come diversi psicologi dello sport e sociologi hanno già messo in evidenza, che il moderno personal trainer ha sostituito in qualche modo “il maestro spirituale” di una volta, mettendo in evidenza che oggi l’obiettivo di molti è il benessere psico-fisico piuttosto che “la salvezza dell’anima”. Tra le varie figure di “guru dei nostri tempi” è sorto anche il personal coach o motivator (in versione americanizzante), sebbene questa figura risulti ancora poco diffusa in Italia e dai contorni piuttosto indefiniti e anche discutibile da un punto di vista scientifico. È comunque un fatto che il lato interiore e psicologico e non solo muscolare-estetico dell’attività sportiva abbia fatto sviluppare in questi ultimi anni una vasta letteratura di studi e di approfondimenti pratici e teorici nell’ambito della “psicologia dello sport”.
Da questi studi e pratiche esperienziali risulta che le nostre palestre sono ormai centri aggregativi molto differenziati al proprio interno, dove accanto al body builder “classico” si trovano molti altri che frequentano la sala pesi per motivazioni disparate e le più varie, ma che hanno sempre come minimo comune denominatore l’obiettivo della wellness intesa come equilibrio tra corpo e mente, esteriore e interiore, forza muscolare e concentrazione mentale, forza fisica e decisione caratteriale, voglia di risultare di bell’aspetto ma anche desiderio di acquisire sicurezza e serenità interiore.
Il cambiamento qualitativo che viene registrato a livelli di obiettivi e di mentalità dello sport, si accompagna anche a un significativo diversificarsi delle tipologie sociali di chi pratica attività in palestra; intanto non sono più solo gli uomini a praticare esercizi con i pesi, ma anche molte donne mostrano interesse all’esercizio di tipo anaerobico, e non si limitano più all’aerobica di cui negli anni ottanta fu popolare divulgatrice televisiva Sidney Rome. Sempre più sono anche gli anziani e le persone di media età ad avere interesse per lo sport praticato in palestra e finalizzato al raggiungimento del benessere psico-fisico e come sostegno energizzante alle altre attività quotidiane, oltre a concepirlo come un valido mezzo per mantenersi in salute.
Anche la composizione sociale di chi pratica culturismo e fitness è cambiata, passando da una quasi esclusiva provenienza dal ceto medio benestante degli anni ottanta ad uno spettro sociale pressoché completo, coinvolgendo molto i ceti più popolari sia delle periferie urbane sia dei centri rurali e di provincia. Significativo anche l’allargamento della platea sportiva dal punto di vista del livello culturale che può essere ormai di tutti i tipi, con un ulteriore richiesta di attenzione da parte degli istruttori e dei responsabili dei centri sportivi.
Un elemento particolarmente importante nella coscienza di molti negli ultimi anni è costituito dall’attenzione rivolta all’aspetto medico-sanitario dello sport, proprio come veicolo e mezzo per il potenziamento del corpo e come strumento di difesa e di rafforzamento della propria salute. In tal senso, appaiono piuttosto lontani gli anni in cui prevaleva quasi esclusivamente l’ossessione del muscolo anche a dispetto delle conseguenze sulla salute che provenivano dall’uso e dall’eccesso di sostanze dopanti e anabolizzanti. Sebbene residue sacche di questa mentalità siano ancora ben presenti, la schiera di coloro che sono molto attenti all’alimentazione e al regime di vita ai fini della propria integrità fisica si allarga sempre più e appare ogni giorno più evidente l’esigenza di ritornare all’antico e saggio motto “mens sana in corpore sano”: forse la semplice ma non banale riscoperta di questo principio ha ancora molto da insegnarci.
“Lo sport è qualsiasi forma di attività che, attraverso una forma organizzata o non organizzata, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica o psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”. Consiglio d’Europa, Carta Europea dello Sport, 1992, Art. 3
di
Paolo Piccolella